Fukushima mon amour

È incredibile (ma vero) come l’informazione riesca a far diventare “obsolete” le notizie. Ormai ciò che succede nel Giappone (i reattori e il loro misterioso destino) ha ceduto il passo al wargame libico. I sismologhi, gli tsumanomani hanno lasciato il video agli strateghi militari, ai politologi, alle testimonianze degli aviatori di ritorno dai cieli della Libia. Tra pochi giorni del Giappone e di Fukushima non si parlerà più, se non con un certo fastidio. Tempo un mese e sarà come se non fosse successo nulla, come se fosse stata una sequenza di Emmerich, allora la morte di migliaia di persone verrà fagocitata dai meccanismo dello show business, dalle belle gonfie di silicone, dalle vecchie ristuccate da affabili chirurghi, dalle sfilate dei nuovi mostri della politica, dalle nuove morbose cronache di efferati crimini, dal calcio in balia dei miliardi, dalle guerre umanitarie, dai danni collaterali, dagli ammazzati per gioco. E chi parlerà ancora di Fukushima e dei contaminati? Sarà il solito menagramo, il comunista, il primitivista, il nemico del progresso. Tutto fino alla prossima Fukushima, al prossimo tsunami, alla prossima contaminazione positivisticamente impossibile anche quando la realtà ne mostra l’orribile possibilità. Torneranno i soliti opinionisti prezzolati che diranno che chi è contro il nucleare lo è ideologicamente, che i morti provocati dalle centrali sono molti di meno di quelli della mobilità privata, ecc, e per finire: “Sei contro il nucleare perché odi Berlusconi”. Ebbene si, odo quello che dicono Berlusconi e i suoi, e so di certo che non mi posso fidare. Fukushima never.

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