Mandava a governare le province individui che o erano gli stessi complici dei suoi vizi o gli erano stati raccomandati da delinquenti

8 febbraio 2011

User:Folegandros (2010)Non poteva sopportare, fra coloro che erano stati assunti per vigilare sulla sua vita, le persone che si distinguevano per la loro integrità, mentre si teneva cari tutti i peggiori soggetti, e quando gli furono tolti, ne soffrì la mancanza sino ad ammalarsi. […] Creò in permanenza nel Palazzo bettole e taverne, né mai si fece scrupoli di pudore o di spesa. Raccolse donnine di particolare avvenenza come schiave prostitute, creando un vero e proprio lupanare, un oltraggio alla pudicizia. […] Licenziò i funzionari più anziani di suo padre, allontanò i suoi vecchi amici. […] Tutte le persone più oneste le allontanò o coprendole direttamente di insulti infamanti, o degradandole ad uffici del tutto indegni di loro. Certi commedianti avevano fatto allusione alle sue perversioni sessuali: egli li fece subito deportare così che non si vedessero più in scena. […] E se fino a giorno fatto si ubriacava e gozzovigliava dissanguando le risorse dell’impero romano, anche durante la sera vagava tra le bettole recandosi nei postriboli. Mandava a governare le province individui che o erano gli stessi complici dei suoi vizi o gli erano stati raccomandati da delinquenti. […]Perenne, poi[…], lo persuase a dedicarsi completamente ai suoi divertimenti, mentre lui si assumeva le cure del governo; ciò che Commodo accettò con entusiasmo. Vivendo dunque secondo questo accordo, se la spassava nel Palazzo gozzovigliando tra banchetti e bagni in compagnia di trecento concubine, che aveva radunato scegliendole fra le matrone e le meretrici per la loro bellezza, e di giovanetti pervertiti, anch’essi in numero di trecento, che aveva raccolto a viva forza o comprandoli, tanto fra il popolo quanto di mezzo alla nobiltà, e avendo quale criterio di scelta l’avvenenza. […] A causa della sua trascuratezza, poiché coloro che gestivano allora l’amministrazione dello Stato rubavano persino sui rifornimenti annonari, ebbe anche a scoppiare a Roma una grave carestia, benché non ci fosse deficienza di prodotti. […] Alla sua morte Cingio Severo disse: “E’ stato indebitamente seppellito. Come lo dico io quale pontefice, così lo dice tutto il collegio dei pontefici. E poiché ho già esaminato le note liete, passerò ora alle misure da prendere: io giudico che tutto ciò, che colui che non è vissuto che per la rovina dei cittadini e la propria degradazione costrinse a decretare in suo onore, debba essere fatto sparire. Le statue, che sono dappertutto, devono essere abbattute, e il suo nome deve essere cancellato da tutti gli edifici pubblici e privati, e i mesi debbono essere chiamati coi nomi con cui erano chiamati allorché primamente quella calamità piombò sullo Stato”. (da Commodo di Elio Lampridio)